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Bobby
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Inserito il - 07/05/2008 : 23:40:01  Mostra Profilo Invia a Bobby un Messaggio Privato
Alfa Romeo 156




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1- Introduzione

Poco più di dieci anni, Alfa Romeo presentò la "156", una berlina elegante e sportiva nata da una grande tradizione, divenuta negli anni il simbolo della rinascita del marchio italiano.
Erede della "155" e nata dalla matita di Walter de Silva, è ancor oggi un modello affascinante per stile e prestazioni. La gamma si articolava inizialmente in sei versioni:quattro motori a benzina e due turbodiesel: la 1.6 T.Spark con motore da 120 CV; la 1.8 T.Spark (144 CV); la 2.0 T.Spark (155 CV) e la 2.5 V6 24V con propulsore da 190 CV abbinato ad un cambio a sei marce. Due le versioni a gasolio, entrambe equipaggiate con i nuovi propulsori ad iniezione diretta Unijet, sovralimentati con turbocompressore e completi di intercooler. Erano la 1.9 JTD di 105 CV con propulsore a 4 cilindri e la 2.4 JTD di 136 CV con motore a cinque cilindri.

2- La linea

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Lunga 4,43 metri, larga 1,74 e alta 1,41, Alfa 156 era una tre volumi aggressiva e compatta: il passo era di 2595 millimetri (55 più dell'Alfa 155). La sua linea, pulita e affascinante, era segnata da alcuni tratti distintivi, particolari estetici unici che ne definivano la forte personalità e lo rendevano immediatamente riconoscibile. Lo scudetto, per esempio, era una presenza importante dalla quale, idealmente, sembrava svilupparsi l'intera vettura. Prima i due baffi laterali e le quattro piccole prese d'aria, poi il vetro unico dei gruppi ottici con i quattro fari rotondi inglobati, e più su la grande V del cofano. Il frontale si completava con le "spalle" larghe, i parafanghi, le ruote a filo, la grande bocca con i fendinebbia e la presa d'aria, i paracolpi integrati in un parafango divenuto quasi parte integrante della carrozzeria e la targa laterale. Linea molto personale anche nella vista di profilo. Innanzitutto per il "gomito" del finestrino dove è sistemata la maniglia della porta posteriore, e poi per la linea di fiancata, che insiste sulle ruote, ma al centro si appiattisce in una superficie pulita, dove è la maniglia della porta anteriore, messa in posizione di rilievo, a unire idealmente i due tratti marcati dei passaruote. A completare questa vista, la parte vetrata, che è abbastanza contenuta per far posto a fianchi alti, pronunciati e protettivi. Gradevole, e anch'essa con una forte impronta caratteristica, la parte posteriore. La coda di Alfa 156, infatti era compatta, leggermente declinante e rastremata. I gruppi ottici erano incastonati nella carrozzeria; il logo dell marchio si trovava in alto, su un baule dal taglio molto personale.

3- Aerodinamica

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Una linea pulita, affascinante, nata da esigenze funzionali oltre che estetiche. Lo stile dell'Alfa156 rispondeva a precisi criteri di aerodinamica. Lo confermavano il Cx della vettura, che era di 0,31 e il Cx-S (coefficiente di penetrazione aerodinamica per sezione frontale della vettura) che era 0,639.
Il risultato è frutto dell'attenzione posta nel definire, per esempio, il profilo del parabrezza, che è inclinato di 62 gradi e si unisce ai montanti laterali e alla parte anteriore del padiglione senza soluzione di continuità.
Ad un corretto andamento dei flussi aerodinamici, contribuivano anche i vetri laterali quasi a filo della carrozzeria, il lunotto avvolgente, la coda rastremata sui fianchi e il perfetto raccordo tra tetto, lunotto e baule nella parte posteriore. La stessa cura è stata posta nel definire forma e posizione degli specchi retrovisori, eliminando così ogni tipo di fruscio durante la marcia. Furono affinate nella galleria del vento anche parti della vettura più "nascoste", che però giocano un ruolo importante nel comportamento aerodinamico dell'auto. E' il caso del riparo sottomotore e di quello del serbatoio della benzina per le versioni 1.8 e 2.0 T.Spark, o dell'intubamento del radiatore dell'acqua e dell'intercooler.

4- Interni

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La plancia era costruito intorno al posto del guidatore, com'è naturale in una berlina dal forte carattere sportivo. Davanti agli occhi di quest'ultimo, tachimetro e contagiri erano due strumenti rotondi e separati, secondo un'impostazione di sapore classico. La leva del cambio è lì a portata di mano, alta e vicina al volante. La plancia, caratterizzata da forme avvolgenti aveva, al centro, la console dotata di tre strumenti minori, anch'essi rotondi e orientati verso il guidatore. Più in basso vi erano la radio integrata, i comandi per la climatizzazione e il posacenere. L'abitacolo di Alfa 156, molto lineare, nasceva da un'attenta progettazione dell'ergonomia, dell'acustica e della climatizzazione. Il volante era regolabile in altezza e profondità, così come era ovviamente regolabile in altezza, con un'escursione di 40 millimetri, il sedile di guida. La regolazione dello schienale era continua per consentire anche aggiustamenti minimi. Il confort acustico era stato curato limitando all'origine la rumorosità dei motori e minimizzando i fruscii aerodinamici.

5- Dotazioni di serie

L' Alfa 156 offriva dotazioni e allestimenti piuttosto completi già a partire dalle motorizzazioni di minor cilindrata (il 1.6 T. Spark a benzina e il 1.9 JTD). Su queste versioni, infatti, erano di serie:
- l'ABS e l'airbag per il guidatore;
- soluzioni che facilitano la vita a bordo come la chiusura centralizzata, l'apertura del baule e dello sportello del carburante dall'interno dell'abitacolo, gli alzacristalli elettrici anteriori a impulso, la regolazione dell'assetto dei fari, la regolazione elettrica degli specchietti retrovisori esterni, il check control, la plafoniera anteriore con spot di lettura, la regolazione su tre livelli dell'intensità dell'illuminazione del quadro portastrumenti e i poggiatesta posteriori anch'essi regolabili; pretensionatori elettronici delle cinture di sicurezza anteriori o gli appoggiatesta regolabili in altezza.

Le due versioni (1.6T.Spark e 1.9JTD) avevano cerchi da 15", completate da coppe con il marchio della Casa, pneumatici 185/65 HR 15 e cerchi da 6J x 15", paraurti nella tinta della vettura, mostrina della console centrale in color titanio, tappeto dell'abitacolo in velour, rivestimenti in tessuto e predisposizione per la radio (cablaggi) con antenna affogata nel lunotto. La versione 1.8 T. Spark si arricchiva con pneumatici 185/65 VR 15, specchi retrovisori esterni riscaldati e, all'interno, bracciolo posteriore con il vano per il passaggio degli sci, oltre che rivestimenti in tessuto a disegni diagonali.

Dotazioni ancora più ricche, infine, per le versioni più potenti: 2.0 T. Spark, 2.5 V6 24V e 2.4 JTD. Avevano rivestimenti in velluto, con una originale soluzione a coste verticali e il logo ricamato, il volante e il pomello della leva del cambio in legno, la mostrina del mobiletto centrale in "deep printing" con effetto mogano, il sedile di guida con regolazione del supporto lombare, i fendinebbia e il terminale di scarico con l'ultima parte in acciaio inox lucidato.

In più, l'Alfa 156 2.0 T.Spark era equipaggiata con pneumatici 205/60 VR15" con cerchi in lega 6,5 J x 15". Mentre l'Alfa 156 2.5 V6 24V disponeva anche di cambio a sei marce, climatizzatore automatico, alzacristalli elettrici posteriori, ruote in lega e pneumatici 205/60 WR 15.

- Optional

Un discorso a parte, meritavano gli optional del nuovo modello. Questi ultimi, oltre che singolarmente, erano anche raggruppati con coerenza in "pacchetti", ognuno dei quali conferiva all'Alfa 156 una caratterizzazione particolare: di auto sportiva, o in alternativa di berlina lussuosa, o ancora di vettura particolarmente adatta ai climi freddi.
Il "pack sport" comprendeva rivestimenti in tessuto Blitz, o - in alternativa - selleria in pelle Momo, oppure ancora sedili Recaro in tessuto Blitz; cerchi in lega da 16" con disegno originale e pneumatici 205/55; assetto ribassato; minigonne; volante e pomello in pelle; bracciolo posteriore con il vano per il passaggio degli sci; antenna GSM; fondo della strumentazione nero con grafica rossa; mostrina del mobiletto in "deep printing" con effetto carbonio. Gli optional raggruppati nel pacchetto "lusso" (destinati a 1.6 e 1.8 T.Spark e a 1.9 JTD) erano: sedili in velluto, volante e pomello della leva del cambio in mogano, bracciolo posteriore con il vano per il passaggio degli sci, climatizzatore e mostrina del mobiletto in "deep printing" con effetto mogano.
Facevano parte del "pack inverno", infine, i fendinebbia, i lavafari e i sedili riscaldati.

Molti di più, ovviamente, gli optional in listino che possono essere ordinati singolarmente. Tra questi vale la pena citare l'airbag laterale (vedi al capitolo sicurezza), il terzo appoggiatesta per il sedile posteriore con relativo arrotolatore della cintura, il caratteristico spoiler sportivo (che dà un ottimo contributo all'aerodinamica della vettura), la radio integrata con cavo per CD ed effetto di filtraggio per scegliere l'arrangiamento musicale e Radiophone, la radio con telefono GSM. Quest'ultima aveva una potenza di 4x35 Watt (quattro altoparlanti, uno dei quali a doppio cono) e la sua tastiera viene usata per comporre i numeri telefonici. L'apparecchio, infatti, era anche un telefono GSM dotato di carta SIM, che funziona inoltre come codice di sicurezza "key card".

6- Motori

Tre dei motori a benzina erano Twin Spark. Il 1.6 T. S 16V era equipaggiato con variatore di fase elettroidraulico. Il 1.8 T. Spark 16V, oltre al variatore di fase, adottava condotti di aspirazione a geometria variabile, per assicurare un'erogazione di potenza ottimale (già intorno ai 3.000 giri era disponibile il 90 per cento della potenza massima). Dispositivi ai quali il 2.0 T. Spark 16V aggiunge due alberi controrotanti che gli assicuravano la silenziosità e l'assenza di vibrazioni tipiche di un motore a 6 cilindri. Al vertice della gamma vi era il 2.5 a sei cilindri e 24 valvole, primo motore a benzina dell'Alfa Romeo che adottava la gestione elettronica del corpo farfallato. Si tratta di una soluzione tecnica che consentiva di ottenere un'erogazione di potenza piena e senza incertezze a tutti i regimi di rotazione.Il propulsore, tra l'altro, era accoppiato ad un cambio a sei marce con sesta di potenza.

- Motori diesel

I propulsori turbodiesel di Alfa 156, poi, rappresentavano una grande novità . Con loro, infatti, venne applicato per la prima volta su vetture di serie il rivoluzionario sistema a iniezione diretta Unijet, frutto della ricerca Fiat e industrializzato dalla Robert Bosch. In questi motori la pressione di iniezione non dipendeva dal numero di giri del propulsore, ma era gestita in modo indipendente da un sistema di controllo elettronico. Il ciclo di iniezione prevedeva una preaccensione grazie ad una brevissima iniezione-pilota di gasolio. In questo modo il funzionamento era più regolare, diminuivano il consumo e le emissioni, aumentava la silenziosità.
Il motore quattro cilindri 1.9 JTD (la sigla sta per turbodiesel Unijet) sviluppava 105 CV e una coppia di 26 kgm a 2000 giri/min, mentre il cinque cilindri 2.4 JTD erogava 136 CV di potenza e 31 kgm di coppia sempre a 2000 giri/min.

7- Sospensioni e meccanica

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Vettura molto interessante per tenuta di strada, maneggevolezza e guidabilità, Alfa 156 doveva gran parte del suo equilibrato comportamento su strada alla geometria delle sospensioni. Quella anteriore adottava un sistema a quadrilatero, che univa la grande stabilità, tipica della trazione anteriore, ad un'elevata precisione di guida. Con questo sistema, infatti, la cinematica della ruota garantisce sempre la massima impronta a terra del pneumatico, indipendentemente dai movimenti della scocca e delle sospensioni, e quindi la massima aderenza in curva, in trazione e in frenata. La sospensione posteriore era di tipo McPherson a ruote indipendenti, con una cinematica della ruota capace di adattarsi armonicamente alle prestazioni della sospensione anteriore per garantire stabilità alle alte velocità e agilità e prontezza sui percorsi misti. Adottava, tra l'altro, una innovativa e tecnologica traversa in alluminio.
La taratura (flessibilità e smorzamenti) delle sospensioni di Alfa 156, infine, permettevano alla vettura di fornire una risposta eccellente anche nell'assorbimento degli ostacoli del fondo stradale. Risultati di rilievo , dovuti anche ad una rigidezza torsionale elevata: 110.000 kgm/rad.
Per tutte le versioni l'impianto frenante era di tipo idraulico servoassistito, completo di ABS con sensori attivi e ripartitore elettronico EBD. I dischi anteriori avevano un diametro di 284 (autoventilanti) o di 281 mm (1.6 e 1.8 T.Spark; 1.9 JTD), quelli posteriori di 251 mm. Lanciata a 100 km/h Alfa 156 si arrestava in 39 metri.
Lo sterzo era molto preciso alle alte velocità per una guida sportiva e leggero nelle fasi di parcheggio o alle basse velocità, in modo da assicurare manovre confortevoli. Risultato reso possibile da un rapporto molto diretto: poco più di 2 giri di volante per la sterzata completa. Alfa 156 adottava diversi tipi di cambio. Uno era destinato ai Twin Spark e uno alle motorizzazioni diesel. Da quest'ultimo derivava il cambio a sei marce, con sesta di potenza, riservato al 2.5 V6 24V a benzina. Sempre sulle versioni a benzina quattro cilindri, inoltre, era stata introdotta la frizione a comando idraulico coassiale che garantiva buoni rendimenti, un carico limitato al pedale e grande affidabilità nel tempo.

8- Cambio Selespeed

Dal 1999 Alfa Romeo propose la 156 "2.0 Selespeed", dotata di cambio meccanico a 5 rapporti non particolarmente veloce ma interessante dal punto di vista tecnico con innesto delle marce e comando della frizione robotizzati. Era azionabile, a scelta, con il comando sul volante a due pulsanti, o con quello sequenziale di tipo "joystick" collocato sul tunnel centrale.

Il Selespeed garantiva dolcezza di cambiata e progressività della coppia alle ruote e, grazie alla modalità "city", si trasformava all'occorrenza in un rilassante cambio "automatico", ideale per il traffico cittadino.

Dal punto di vista tecnico, un cambio marcia tradizionale avviene in tre fasi: la prima, nella quale la frizione si apre togliendo gradualmente coppia alle ruote; la seconda (di coppia nulla) in cui il guidatore seleziona e innesta la marcia; la terza, durante la quale la frizione si chiude per trasmettere di nuovo potenza alle ruote (ridà coppia) e il motore incomincia a salire di giri.

Il cambio Selespeed attuava queste manovre in modo del tutto automatico. Per cambiare marcia non c'era bisogno di rilasciare il pedale dell'acceleratore e di premere la frizione: era la centralina elettronica che controllava il cambio a chiedere di aprire la frizione, ridurre la coppia indipendentemente da quanto l'acceleratore venisse premuto, selezionare e innestare le marce.

Di fatto, dunque, il Selespeed era un cambio manuale "robotizzato". La scelta della marcia da inserire, infatti, spettava al guidatore, ma tre attuatori si sostituivano alle azioni che egli avrebbe diovuto compiere per cambiare marcia in modo tradizionale: uno comandava la frizione, l'altro l'innesto e il terzo la selezione delle marce.

Un quarto attuatore era legato alla farfalla elettronica del motore. Era il dispositivo che consentiva di gestire la coppia motrice in modo flessibile sulla base delle richieste effettuate dal controllo del cambio. Durante la fase di cambio marcia, infatti, era il Selespeed ad avere "autorità" sul motore: quest'ultimo, perciò, doveva essere nelle condizioni migliori per rispondere con la massima prontezza.


- Tecnica

Il cambio Selespeed è dotato di un gruppo di alimentazione idraulico, che costituisce la fonte di energia del sistema. Una pompa elettrica, infatti, preleva l'olio dal serbatoio e lo manda al dispositivo di attuazione, che genera la pressione nel circuito e fornisce l'energia necessaria per muovere le leve di innesto, disinnesto e selezione delle marce, nonché per azionare la frizione.

Poiché il sistema ha bisogno di energia già al momento dell'avvio, la pompa inizia a girare ancor prima dell'accensione del motore, quando si apre la porta del guidatore. Alla partenza, così, il circuito ha già raggiunto la pressione necessaria.

Il gruppo di alimentazione è pilotato da una centralina elettronica dedicata, costruita dalla Magneti Marelli. La centralina è in costante dialogo con quella della Bosch Motronic che controlla il motore, e ha il compito di elaborare le richieste del guidatore, trasformandole in comandi per il cambio.

Per fare ciò, si avvale di informazioni come la posizione del pedale acceleratore, la velocità del veicolo e quella di rotazione del motore oltre che della coppia erogata. Con sensori e potenziometri sistemati in punti determinati dei diversi organi del moto, inoltre, raccoglie altri dati per controllare continuamente lo stato di funzionamento degli organi stessi.

Il cambio marcia si può effettuare sia con i comandi al volante, sia con la leva del tipo "joystick" sistemata tra i sedili, al posto del comando cambio tradizionale.

I pulsanti sul volante sono due: sul lato destro il comando "up" (identificabile con il segno "+") per l'inserimento sequenziale delle marce in fase di accelerazione; a sinistra il comando "down" (identificabile con il segno "-") per scalare le marce in decelerazione.

Il principio di funzionamento della leva è il medesimo: si sposta verso la direzione di marcia per inserire le marce in accelerazione ("up") e verso la coda della vettura per scalare in fase di decelerazione ("down").

Sul tunnel centrale, c'è anche il comando "city", che permette di attivare il cambio marcia automatico (viaggiando in questa modalità, cioè, non è più necessario utilizzare i comandi al volante o la leva). Con una differenza, tuttavia, rispetto ai cambi automatici tradizionali: questa funzione riproduce un'unica logica di guida, adatta ad un uso cittadino o a percorsi con traffico molto sostenuto e necessità di cambi frequenti.

Un display sistemato nel contagiri segnala quale marcia è innestata, il funzionamento "city" oppure eventuali avarie del sistema.

Durante eventuali frenate di emergenza, infine, il sistema legge con quale velocità scendono i giri del motore (questi ultimi sono direttamente legati alla decelerazione della vettura, essendo la frizione ancora chiusa) e, sulla base dei dati ricevuti, scala automaticamente le marce. Un intervento che si realizza solo in caso di frenate decise: il sistema, infatti, non si sostituisce del tutto al pilota, ma interviene soltanto per garantire maggior sicurezza.

Situazioni diverse, logiche diverse. In pianura, per esempio, quando il guidatore preme a fondo l'acceleratore e "tira" una marcia fino al massimo dei giri, il sistema passa da solo alla marcia superiore. La stessa cosa, tuttavia, non accade se il pedale dell'acceleratore non è premuto. In questo caso, infatti, il Selespeed riconosce che la vettura è su una strada in discesa e, una volta raggiunta la velocità prestabilita, chiude automaticamente la frizione per fornire freno motore alla vettura. Premendo nuovamente l'acceleratore, il controllo del veicolo ritorna a carico del guidatore.

A tutti gli appassionati di guida, poi, il Selespeed riserva una piacevole sorpresa. Il nuovo cambio, infatti, esegue automaticamente la "doppietta". In scalata, cioè, il sistema richiede un innalzamento di giri nella fase di innesto della marcia. Ovviamente il "colpo di gas" che dà per ottenere questo risultato è perfettamente dosato sulla velocità e sul numero di giri del motore al momento della cambiata. Si tratta di un'importante garanzia di sicurezza: la "doppietta", infatti, evita l'eccessivo aumento dei giri del motore provocato dalla forza d'inerzia e il possibile bloccaggio delle ruote in fase di rallentamento.

Non è tutto. Quando, all'avvicinarsi di un incrocio o di un semaforo, il guidatore rilascia l'acceleratore, Selespeed riconosce l'intenzione di rallentare e provvede automaticamente a scalare le marce e ad aprire la frizione per evitare che il motore si spenga. Se il guidatore intende ripartire senza aver completamente fermato la vettura, trova così disponibile il rapporto al cambio più adeguato per riaccelerare. Arrestando la vettura, il sistema automaticamente inserisce la prima.


9- Alfa 156 GTA

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Nel 2002 Alfa Romeo lanciò la versione più sportiva della propria berlina, proponendo una sigla che fece la storia sportiva dell'automobile, mietendo una lunga serie di successi sui campi di gara di mezza Europa. La prima GTA, infatti, nasce quando l'Autodelta modifica profondamente nel motore e nella meccanica la Giulia Sprint. È il 1965 e da quel momento in poi la Giulia Sprint GTA vincerà tutto quello che c'è da vincere: dalla 4 ore di Sebring alla 6 ore del Nürburgring, dalle tante gare disputate in Germania, Gran Bretagna, Olanda e Francia al Challenge Europeo Marche per vetture da Turismo, conquistato per tre volte consecutive nel '66, '67 e '68.

A 37 anni di distanza, Alfa Romeo ripropose l'anima più sportiva su entrambi i modelli, berlina e Sportwagon.

Nello sviluppare Alfa 156 e Sportwagon GTA, infatti, si partì da un obiettivo preciso: realizzare un'auto adatta all'uso quotidiano ma che, posta nelle condizioni giuste, garantisse al cliente le prestazioni, il comportamento e le sensazioni di guida di un'auto destinata ai circuiti. Per farlo non sono stati posti limiti ai progettisti. I quali, perciò, hanno privilegiato l'aspetto funzionale della vettura eseguendo, sulla già ottima base di una berlina dal temperamento sportivo come Alfa 156, trasformazioni profonde. O meglio, hanno modificato tutti i componenti che hanno un impatto sulla dinamica della vettura. Ecco allora spiegato il motore 3.2 V6 24V, una geometria e una taratura delle sospensioni completamente nuove, un impianto frenante molto più potente, uno sterzo più diretto, altri cambi (uno manuale e un Selespeed), altre ruote in lega dal design nuovo e sportivo.

9.1 La linea

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Ad una meccanica così sofisticata doveva corrispondere uno stile capace di conferire, in pochi tratti, più forza e sportività al modello, senza alterarne la linea originale - tanto apprezzata dalla clientela - limitando gli interventi estetici a quei componenti interessati dalle trasformazioni tecniche del telaio e della meccanica.

Nel frontale spiccavano i parafanghi maggiorati che consentivano di ospitare le generose ruote da 17 pollici (le 225-45); poi i fendinebbia spostati verso l'esterno della vettura per liberare le prese d'aria e far respirare meglio il potente propulsore; infine, il fondo nero dei proiettori che contribuivano all'aspetto aggressivo delle 156 GTA.

Sulla fiancata risaltavano i nuovi cerchi a cinque anelli dedicati a 156 GTA che avevano un profilo essenziale e molto "tecnico" (in alternativa il cliente poteva scegliere le ruote a raggi tipiche del mondo delle corse) e un diverso copribrancardo che dal punto di vista estetico è destinato a collegare tra loro i due larghi parafanghi.

Ben inserito nella fiancata appariva anche il nuovo paraurti posteriore, nonostante le sue maggiori dimensioni. Caratteristica che si avvertiva appena nel profilo, ma caratterizzava invece in modo determinante la vista posteriore della vettura.

Rispetto al modello di base, infatti, la coda di 156 GTA appariva totalmente cambiata nella parte bassa, dal filo del bagagliaio in giù. Anche perché nel paraurti stesso era stata ricavata una grande ala chiamata "estrattore" per la sua funzione aerodinamica di elemento capace di convogliare verso il retro della vettura (quindi di "estrarre") il flusso d'aria proveniente dalla parte anteriore della vettura in corsa. Ovali e cromati, secondo uno stilema classico della Marca, i due terminali di scarico.

9.2 Interni

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Com'è naturale per una berlina sportiva nata per offrire prestazioni esuberanti, il fulcro, intorno al quale era costruito l'ambiente di Alfa 156 GTA e Sportwagon GTA, era il posto di guida. Obiettivo: garantire a chi siede dietro al volante un assetto che consentisse il miglior controllo della vettura in ogni circostanza. Rispetto all'allestimento di serie le GTA offivano, in più, alcuni dettagli di impronta decisamente sportiva, esclusivi della versione.

Innanzitutto le mostrine erano sono di colore grigio Peltro, una tonalità di metalluro più scura rispetto a quella delle altre versioni di Nuova Alfa 156. Il volante aveva un disegno specifico per le razze (dotate di inserti in metalluro), come esclusivo era il pomello del cambio con la cuffia in pelle. Senza contare la pedaliera sportiva: i copripedali e il poggiapiedi, dalle forme ergonomiche, erano in alluminio con i riporti in gomma, ai quali si abbinava un tappetino nel vano centrale portaoggetti che era in metalluro, anch'esso con elementi in gomma.

A questi dettagli, Alfa 156 GTA aggiungeva sedili dalla conformazione sportiva, con il "nasello" regolabile e rivestiti in pelle di alta qualità. Esclusivi per il modello, erano disponibili in quattro combinazioni di colore: una nera in tinta unita e tre bicolori. Queste ultime proponevano la pelle nera per le fasce laterali, mentre l'inserto centrale del cuscino e dello schienale poteva essere color cuoio, grigio o blu a scelta del cliente. Il design dei sedili, poi, riprendeva il motivo "a cannelloni orizzontali", tipico di molte vetture sportive italiane del passato. Quelli anteriori avevano la funzione di riscaldamento, gli appoggiatesta integrati e la seduta regolabile.

I pannelli delle porte avevano inserti in pelle che richiamavano il motivo e i colori della parte centrale dei sedili. Il padiglione era di colore grigio-nero, mentre il rivestimento del baule era totalmente nero, la stessa tinta dei montanti, delle maniglie d'appiglio e delle alette parasole. Ultimo tratto distintivo della Alfa 156 GTA, il sovratappeto che, oltre ad essere di serie, era fissato meccanicamente al tappeto e riporta la scritta "GTA" cucita a mano in color grigio Peltro.

Gli interni di Alfa 156 GTA, infine, proponevano alcune novità anche nel quadro di bordo: come gli strumenti di misura specifici per il colore nero del fondo, una nuova estetica della scala e, sul display multifunzione, la videata relativa all'andamento della temperatura dell'olio del motore.

9.3- Sospensioni

Per Alfa 156 GTA si volevano sospensioni capaci di garantire alla vettura grandi prestazioni dinamiche e, nello stesso tempo, un ottimo comfort. La scelta cadde sullo schema che già decretò il buon successo di Alfa 156: quadrilatero alto davanti; Mc Pherson evoluto dietro.

Da qui partì il lavoro di messa a punto per adeguare le sospensioni alle particolari caratteristiche della vettura e alla specifica distribuzione delle masse di Alfa 156 GTA. Obiettivo: raggiungere il più alto livello di handling e garantire le massime prestazioni dinamiche dell'auto. In sintesi, questi gli obiettivi:

precisione e progressività di sterzatura;
prontezza di risposta;
elevata stabilità e facilità di controllo anche al limite di aderenza;
movimenti della cassa molto contenuti;
comfort elevato in ogni condizione di utilizzo e fondo stradale.

Vediamo ora in dettaglio i due schemi adottati.

-Anteriore

Lo schema a "quadrilatero alto" aveva l'obiettivo ambizioso di dotare la berlina sportiva di una guida che abbinasse il grande controllo tipico delle trazioni anteriori ad una elevata sportività e precisione, particolarmente sfruttabile su tracciati misti.

Sviluppata appositamente per il modello dal Centro Ricerche Fiat e dalla Progettazione e Sperimentazione di Fiat Auto, la sospensione anteriore di Alfa 156 GTA, rispetto a quella adottata dalla Nuova Alfa 156, presentava una traversa inferiore rinforzata; un montante ruota specifico caratterizzato dalla diversa posizione del fissaggio del tirante guida; un assetto più basso; ammortizzatori e molle con una nuova taratura; e una barra stabilizzatrice di diametro maggiore.

Il tutto conferiva un comportamento più sportivo alla sospensione a quadrilatero alto, così chiamato perché, nel loro collegamento alla ruota, i bracci della sospensione (due triangoli sovrapposti con la base incernierata al corpo della vettura e i vertici al gruppo ruota) disegnano, appunto, una figura a quattro lati.

Com'è noto, si tratta dello schema geometricamente più favorevole per conciliare ampie escursioni della ruota con un controllo ottimale delle condizioni di lavoro dei pneumatici. La soluzione, infatti, grazie al braccio superiore sistemato più in alto rispetto al centro della ruota stessa, consente un perfetto sfruttamento nella zona tra ruota e accessori del motopropulsore.

Dal punto di vista strutturale, il dispositivo è formato da un braccio inferiore in ghisa, un montante in acciaio e un braccio superiore in lega leggera. Il gruppo molla-ammortizzatore coassiale è collegato alla scocca attraverso un supporto elastico e al braccio inferiore attraverso una forcella in lega leggera. Per motivi d'ingombro e di rigidezza strutturale il braccio superiore è articolato su una "conchiglia" in alluminio (ancorata alla scocca), che funge da supporto all'attacco superiore del gruppo molla-ammortizzatore.

Tanti i vantaggi derivanti da questo tipo di configurazione. La geometria a quadrilatero adottata da Alfa 156 GTA, infatti:


-ottimizza l'aderenza dei pneumatici; durante una curva il quadrilatero tende a compensare l'inclinazione verso l'esterno della vettura con, appunto, un recupero di campanatura; inoltre, permettendo l'inclinazione dell'asse sterzante verso il fronte della vettura (angolo di caster) riduce il beccheggio in frenata;
-migliora la motricità (trazione), anche nelle condizioni più difficili;
-garantisce un effetto autoallineante, che è proporzionale all'accelerazione laterale con cui viene percorsa la curva;
rende progressivo lo sforzo al volante, che aumenta uniformemente fino al limite di aderenza;
-assicura maggiore precisione e sensibilità dello sterzo anche sotto forti angoli (curve strette e tornanti); nella fase di tamponamento della sospensione, infatti, la ruota sterza leggermente in divergenza; questo fa sì che durante l'ingresso in curva l'azione sterzante del guidatore venga leggermente contrastata;
-evita l'affondamento del muso in frenata (effetto "anti-dive"); i due triangoli sovrapposti, infatti, hanno le basi inclinate verso la parte anteriore della vettura, in modo tale che la forza frenante nell'impronta a terra del pneumatico distende la sospensione;
-impedisce l'innalzamento in accelerazione (effetto "anti-lift"), perché la forza traente, che arriva tramite la coppia dei semiassi, è applicata al centro ruota comprimendo la sospensione.

Per migliorare l'efficienza dell'assorbimento delle piccole asperità, inoltre, i tecnici dell'Alfa Romeo lavorarono per ridurre gli attriti scegliendo: boccole a scorrimento fluidodinamico per incernierare il triangolo superiore alla conchiglia; guarnizioni sdoppiate e boccoline in teflon caricato con fibra vetrosa per gli steli degli ammortizzatori; e una tenuta in teflon per lo stantuffo dell'ammortizzatore.

Una corretta rigidezza delle boccole d'incernieramento del quadrilatero e del braccetto dello sterzo, infine, garantiva:


-grande precisione dello sterzo;
-buona aderenza al terreno (perché, in curva, diminuisce l'inclinazione del pneumatico rispetto al suolo);
-ottima capacità di assorbimento delle sollecitazioni (e quindi il comfort) per l'aumentata flessibilità longitudinale della sospensione;
- elevata stabilità direzionale (incontrando un ostacolo la ruota arretra senza nessuna sterzatura);
- efficace assorbimento dell'urto verticale grazie all'ottimizzazione del gruppo di attacco superiore dell'ammortizzatore alla conchiglia;
-riduzione delle vibrazioni sul volante, poiché i braccetti dello sterzo hanno un elemento elastico lungo il loro asse;
-buona azione stabilizzante, perché gli stessi braccetti dello sterzo, in fase di rilascio, fanno divergere la ruota esterna alla curva.

-Posteriore

Le sospensioni posteriori utilizzavano uno schema Mc Pherson, particolarmente evoluto nella geometria e nei dettagli costruttivi. Rispetto ai dispositivi tradizionali, infatti, le sospensioni posteriori di Alfa 156 GTA presentavano alcune novità, che si possono sintetizzare in: diversa posizione dei punti di attacco alla scocca; taratura specifica delle molle; diversa rigidezza degli ammortizzatori e delle boccole; barra stabilizzatrice di diametro maggiore.



Le molle ad elica che, oltre ad avere una diversa rigidezza e un assetto più basso rispetto a quelle delle altre 156, appoggiavano sul piattello inferiore e superiore con l'interposizione di un anello in gomma per migliorare la silenziosità.

Tra le altre novità, poi, vi erano il tampone di fine corsa superiore in Cellasto (poliuretano a cellule chiuse che mantiene le caratteristiche elastiche nel tempo); la barra stabilizzatrice collegata direttamente all'ammortizzatore attraverso bielle realizzate in plastica strutturale ed articolate su giunti sferici in acciaio; gli ammortizzatori idraulici a doppio effetto pressurizzati e costruiti in acciaio altoresistenziale con spessori ridotti. E infine le leve laterali, le boccole dei bracci delle sospensioni e della traversa posteriore, tutti componenti realizzati specificamente per la 156 GTA.

L'attacco superiore dell'ammortizzatore, inoltre, presentava un nuovo sistema di fissaggio conico del tassello. In questo modo si evita l'avvitamento alla scocca a vantaggio del processo di montaggio e di una maggiore affidabilità.

Si trattava, insomma, di importanti innovazioni e accorgimenti tecnici, destinati a migliorare ancora le prestazioni della sospensione posteriore perché, in particolare, assicuravano:


- una maggiore capacità di assorbire gli ostacoli, grazie all'arretramento longitudinale della ruota, senza sterzature indotte;
- la massima stabilità direzionale quando si incontrano ostacoli come le rotaie dei tram, i giunti di dilatazione sui ponti delle autostrade e così via;
- una rilevante prontezza e progressività di risposta allo sterzo;
- un elevato potere autoallineante della vettura, anche al limite, ottenuto tramite una consistente sterzatura della ruota sotto il carico laterale.

La sospensione posteriore di Alfa 156 GTA garantiva, infine, un guadagno di camber negativo della ruota in fase di rollio. Il che si traduceva, per l'automobilista, in un aumento dell'aderenza in curva e in una posizione più corretta del centro di rollio, che ottimizzava l'equilibrio generale della vettura.

9.4- Sterzo e freni

Su un modello sportivo come Alfa 156 GTA ci si aspettava uno sterzo diretto e freni adeguati alle prestazioni della vettura. Ecco perché i tecnici dell'Alfa intervennero sulla cinematica dello sterzo e sulla scatola guida allo scopo di aumentare la precisione e la rapidità di risposta della vettura. Per misurare quest'ultima si fa ricorso al rapporto di sterzo, cioè ad un valore che indica la relazione tra i gradi di rotazione del volante e quelli delle ruote. Quanto più il numero è basso, tanto più la risposta della vettura è immediata e precisa. Alfa 156 GTA aveva un rapporto di sterzo di 11,3 (a ogni 11,3 gradi di rotazione del volante corrisponde un grado di rotazione delle ruote), contro una media del segmento di 15 - 16. E questo partendo da una vettura come la Nuova Alfa 156 che aveva un rapporto di sterzo già ottimo: 13,7.

Novità, infine, per i freni del modello. I dischi anteriorierano autoventilanti,con un diametro di 305 millimetri e disponevano di pinze Brembo a doppio pompante. Appena più piccoli - 276 millimetri - i dischi posteriori. Il servofreno, inoltre, fu potenziato e l'impianto è dotato di sistema antislittamento ABS, con ripartitore elettronico della forza frenante EBD.

I progettisti avevano prestato particolare cura non solo a ottenere spazi d'arresto ridotti, ma anche ad aumentare la resistenza dei freni alla fatica. È questo un aspetto spesso trascurato, ma che è invece importante. E non solo in pista. Ecco allora elementi d'attrito specifici e condotti idraulici il più possibile rigidi: una soluzione che consentiva di eliminare la "spugnosità" dei freni quando questi sono surriscaldati. Migliorandone l'efficacia e aumentando la sicurezza.

9.5- Motore V6

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Il motore delle due GTA derivava dal classico V6 24 valvole di tre litri, che equipaggiava le versioni top dei modelli Alfa 166 e Gtv: un propulsore potente e, soprattutto, "rotondo". Come si conviene a un sei cilindri. Per le 156 GTA i tecnici ne hanno modificato albero a gomiti e pistoni per portare la cilindrata a 3,2 litri allungando la corsa di 78 millimetri. Un tipo d'intervento che dice tutto sul tipo di prestazioni che si volevano ottenere. Per accrescere la potenza, infatti, sarebbe stato sufficiente intervenire sulla distribuzione, sull'alimentazione e sull'elettronica.

L'aumento della cilindrata attraverso l'allungamento della corsa, invece, puntava a ottenere non solo prestazioni assolute e picchi elevati di potenza e di coppia, ma anche un'erogazione regolare e progressiva sin dai bassi regimi. Come si conviene a un'auto capace sì di prestazioni esaltanti, ma adatta all'uso sulle strade di tutti i giorni e non solo in pista.

Ovviamente, l'aumento della cilindrata fu accompagnato da tutta una serie di interventi. furono "accordati" i condotti d'aspirazione e di scarico, con una nuova fasatura della distribuzione, riscritto il software della centralina di controllo, potenziato l'impianto di raffreddamento, che comprendeva anche un radiatore per l'olio motore.

Il risultato? La potenza raggiunse i 250 CV a 6200 giri/min, con una coppia massima di 300 Nm (30,6 kgm) a 4800 giri/min, con una curva di coppia che raggiungeva valori elevati già ai bassi regimi e permetteva, perciò, di viaggiare in sesta a meno di 2000 giri/min e di schizzare via accelerando, senza bisogno di cambiare marcia. Un comportamento, insomma, estremamente piacevole anche nell'uso quotidiano. Dato il potenziamento al quale fu sottoposto il motore, si decise di rinforzare anche la trasmissione. Nuovi, poi, i semiassi; mentre la frizione fu maggiorata e il cambio a sei marce aveva diversi componenti irrobustiti.

9.6- Storia delle GTA

Negli anni Sessanta la categoria Turismo è una delle più seguite dal pubblico e, di conseguenza, dalle Case costruttrici. Le vetture, derivate da quelle di serie, si sfidano sui principali circuiti davanti a folle di appassionati. E i migliori piloti non disdegnano di gareggiare anche in questa categoria. Tra loro, Jim Clark e John Whitmore e Andrea de Adamich.

Alle competizioni non può mancare l'Alfa Romeo che decide di far preparare le sue vetture da un atelier emergente: l'Autodelta, guidato da Carlo Chiti, progettista di fama mondiale proveniente dalla Ferrari. Nasce così un sodalizio tecnico-sportivo che entrerà nella leggenda.

Il 18 febbraio 1965 al Salone di Amsterdam viene presentata la prima realizzazione dell'Autodelta. Si tratta dell'evoluzione della Giulia GT, ribattezzata GTA, dove A sta per alleggerita. La scocca esterna, infatti, è quella della GT, ma il rivestimento interno è costruito in Peraluman 25, una lega leggera di alluminio, manganese, rame e zinco. Esternamente differisce dalla sorella per le prese d'aria anteriori, per le maniglie e per l'adesivo triangolare dell'Autodelta. Il motore 1600 Twin spark bialbero è stato sottoposto a una vigorosa cura di rinforzo, passando da 106 a 170 CV.

Come si addice alle vetture vincenti, la GTA trionfa fin dalle prime gare. Alla 4 ore del Jolly Club a Monza, per esempio, sette GTA si piazzano ai primi sette posti. Affidate alla guida di Andrea de Adamich e ad altri validi piloti, cominciano a mietere successi, strapazzando le Lotus, fino ad allora dominatrici incontrastate. Vincendo sul circuito olandese di Zandwoort il pilota triestino si aggiudica così il Campionato europeo Turismo.

Negli anni successivi le GTA continuano a dominare nel Challenge europeo. Al punto che Andrea de Adamich viene chiamato dalla Ferrari per guidare le monoposto in Formula 1.

Nel 1968 l'Alfa Romeo presenta la GTA 1300 Junior in versione stradale e preparata. L'aspetto è quello della Junior di serie, ma incattivito da lunghe bande bianche sulla fiancata. La versione da corsa eroga 160 CV (103 quella stradale). Manco a dirlo, appena messa in pista vince tutto quello che c'è da vincere.

Adesso le GTA da corsa sono due e il loro predominio dura fino al 1970 quando arriva la GT Am, derivata dalla 1750 GT Veloce America. La carrozzeria è completamente trasformata rispetto alla versione originaria, così come il motore, un due litri da 230 CV. Pilotata dall'olandese Tonie Hezemans, conquista il Campionato Europeo Turismo nel 1970 e nel 1971, con sei primi posti su otto gare.

Nel 1992 l'Alfa Romeo decide di tornare alle corse con una versione, preparata secondo le norme del Campionato italiano SuperTurismo, della 155 Q4, ribattezzata GTA. Anche in questo caso l'automobile ha poco della versione di serie: parafanghi in carbonio, alettone posteriore a inclinazione variabile, motore turbocompresso a 16 valvole che sviluppa 400 CV di potenza (contro i 186 della versione normale) con intercooler dotato di raffreddamento ad aria nebulizzata. I quattro esemplari del team sono affidati a Larini, Francia, Nannini e Tamburini. Delle 20 gare che disputa la nuova GTA ne vince 17 e Larini conquista il titolo. L'anno dopo il modello lascerà il posto alla 155 V6 TI preparata per il DTM tedesco. E anche questa dominerà nella sua categoria.

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